ASPETTI PSICOLOGICI DSA

metodo di studio e dsa

“Ho mal di pancia.. Ho paura di sbagliare… Nessuno mi capisce… Sono tutti cattivi come me…”

Se tuo figlio esprime questi pensieri

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IL BAMBINO DSA QUANDO COMINCIA LA SCUOLA

Un bambino con possibile DSA si presenta a scuola come:

  • un bambino intelligente (non ha Disabilità intellettiva)
  • senza problemi emotivi rilevanti
  • di buone condizioni socioculturali
  • ha fruito di un normale insegnamento

Eppure presenta, sin dalla prima classe, una sorprendente difficoltà nell’apprendimento della lettura, scrittura e calcolo che permane anche dopo che sono stati avviati sforzi notevoli per aiutarlo.

Un bambino con DSA, nella scuola primaria, si trova precocemente ad affrontare una situazione di forte disagio: mentre i compagni di classe imparano rapidamente e con facilità a leggere, a scrivere e a contare, continua ad avere difficoltà insormontabili, continua a rifare gli stessi errori banali, è lento.

Queste difficoltà per lui e per gli adulti non trovano una immediata spiegazione, dato che di solito appare come un bambino normale che nel gioco e in altre attività mostra intelligenza e partecipazione.

COME POTREBBE PROSEGUIRE IL SUO PERCORSO SCOLASTICO?

Quasi inevitabilmente l’insuccesso nell’apprendimento di alcune attività elementari fa si che il bambino cominci a strutturare:

  • vissuti di sfiducia,
  • calo dell’autostima,
  • convinzione di essere incapace, o pigro e svogliato.

Sono interpretazioni errate che peggiorano la situazione. E’ chiaro che l’ambiente scolastico (insegnanti e compagni) ha un ruolo fondamentale nel cristallizzazione o nel contrasto di queste interpretazioni sbagliate.

COSA OSSERVIAMO?

Questi bambini confrontandosi con le proprie difficoltà cominciano a strutturare:

 

  • un concetto di sé più negativo,
  • si sentono meno supportati emotivamente,
  • provano più ansia,
  • hanno poca autostima,
  • tendono ad abbandonare il compito,
  • hanno una carente percezione di autoefficacia rispetto alle proprie abilità nell’affrontare i compiti proposti (Cornoldi, 2007).

LE PRIME MANIFESTAZIONI PSICOLOGICHE

Le manifestazioni psicologiche del disagio assumono aspetti talora opposti:

  • da un lato il bambino può presentare un comportamento ritirato, chiuso in sè stesso, di evitamento del confronto, cerca di nascondersi (per es. vuole stare nell’ultimo banco), parla poco: un complesso di reazioni che si possono definire di tipo inibitorio,
  • dall’altro lato può presentare sentimenti di rabbia che portano a comportamenti disturbanti, talora opposizione e aggressività, diventando un problema nella classe,
  • non è raro che lo stesso bambino possa presentare i due diversi tipi di comportamento in momenti diversi.

ASPETTI EMOTIVI

Un aspetto molto importante che si presenta in concomitanza con un DSA è la presenza di aspetti emotivi e comportamentali (aspetti psicologici) che rendono molto difficile l’adattamento del bambino e a volte la promozione del successo scolastico.

Sul piano emotivo il bambino percepisce che le sue difficoltà non gli vengono riconosciute e il non raggiungimento di risultati positivi genera nel bambino un senso di frustrazione e un senso di inadeguatezza. Il bambino con DSA sperimenta l’angoscia di non farcela e la rabbia di non essere capito. 

La costante frustrazione e confusione a scuola rende questi bambini molto ansiosi: questo fa sì che essi evitino tutto ciò che li spaventa e spesso gli adulti interpretano questo comportamento come pigrizia.
il bambino con DSA è però il primo a vivere la propria difficoltà senza riuscire a darsi una spiegazione ragionevole e, nel constatare le reazioni dell’ambiente circostante non può che sviluppare un disagio psicologico.

Lo sviluppo dei problemi psicologici emotivi e comportamentali è dovuto ad una o più cause. Tra i fattori eziologici che spesso concorrono a creare e mantenere un problema internalizzante o esternalizzante troviamo:

  • fattori biologici (temperamento, sistema endocrino, neurotrasmettitori);
  • fattori familiari (conflitti, storia di problemi psichiatrici, abilità genitoriali, modalità di comunicazione e di risoluzione dei conflitti, stili educativi);
  • stress psicologico ed eventi di vita (separazione traumatica da un genitore, abuso, morte, malattia cronica o perdita di una persona cara, ospedalizzazione, divorzio dei genitori, ecc..);
  • fattori cognitivi (impotenza appresa, triade cognitiva depressiva, altre distorsioni cognitive e idee disfunzionali);
  • fattori comportamentali (ad esempio fughe ed evitamenti, mancate occasioni di esercitare abilità in cui si è carenti, scarso rinforzo sociale dovuto ad isolamento, ecc…).

Bambini, che oltre ad avere un DSA presentano anche un disturbo internalizzante o esternalizzante, possono presentare delle problematiche associate, legate alla sfera emotiva, scolastica e relazionale.

PROBLEMI INTERNALIZZANTI

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PROBLEMI ESTERNALIZZANTI

Nei disturbi internalizzanti troviamo pattern di comportamenti disfunzionali e di difficoltà psicologiche dirette “verso l’interno” e definiscono un nucleo di sintomi associati a comportamenti connessi ad eccessivo controllo. 

Nei bambini con DSA i sintomi emozionali si possono riscontrare poiché non possono correggere anticipatamente i propri errori e tutte le nuove situazioni possono essere fonte di ansia e nervosismo.

Queste reazioni comportano la tendenza ad evitare ciò che è fonte di paura ma tale tendenza, che all’inizio viene spesso fraintesa e scambiata per pigrizia ben presto può definire la strutturazione di sintomi chiari e precursori di una diagnosi psicopatologica.

  • Nei disturbi esternalizzanti troviamo pattern di comportamenti disfunzionali che si manifestano in diversi contesti in cui il bambino entra in conflitto con gli altri definendo dei comportamenti disturbanti.
  • Tra le caratteristiche comportamentali del bambino con DSA, che rientrano tra i pattern disfunzionali, ritroviamo comportamenti di bambini

– che più facilmente scelgono situazioni socialmente non a ccettabili nella vita di       gruppo,
– che sono meno abili nel risolvere problemi sociali, che sono meno in grado di           predire le conseguenze del loro comportamento sociale,

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– che sono meno in grado di adattarsi alle caratteristiche di chi sta loro di fronte nelle discussioni o conversazioni,

– che sono poco abili a portare a termine positivamente interazioni sociali complesse (persuasione, negoziazione, resistenza alle pressioni dei pari, accettare critiche),

– che tendono ad essere più isolati o rifiutati all’interno della classe,

– che sono più spesso oggetto di valutazioni negative e poco incoraggianti, richiami e reazioni non verbali da parte degli insegnanti,

– che sono meno adattabili a nuove situazioni sociali,

– che più facilmente sono giudicati negativamente dagli adulti in situazioni informali,

– che mostrano minore tolleranza alla frustrazione,

– che hanno un linguaggio meno maturo e significativo e che hanno difficoltà ad interpretare o a fare inferenze.

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RUOLO DELLA SCUOLA

La scuola svolge un importante ruolo nella promozione dell’adattamento del bambino, ed evidenzia l’importanza di una collaborazione fra insegnanti, genitori e specialista per la messa in atto di possibili problematiche emotive e comportamentali.

Le difficoltà che gli studenti incontrano nel contesto scolastico possono essere compensate efficacemente se la scuola è in grado di individuare i punti di forza degli studenti, quindi le loro risorse, e considerare le loro specificità.

È fondamentale  incentrare l’attenzione in classe non solo sullo sviluppo del singolo, ma anche sull’interazione con l’ambiente, prestando attenzione ai contesti educativi, familiari e scolastici. Se gli alunni si percepiscono coesi nel contesto scolastico il rischio che mettano in atto dei comportamenti disadattivi diminuisce. 

COSA DEVE FARE IL DOCENTE QUANDO HA UN ALUNNO DSA CON ASPETTI EMOTIVI E COMPORTAMENTALI PREOCCUPANTI?

  • Favorire confronti tra docenti, con i referenti DSA,  e programmare le azioni didattiche con il team docenti di classe, interclasse;
  • Mantenere contatti continui con i genitori;
  • Comunicare ed interagire con i terapisti, con i servizi ASL o con le Equipe accreditate alla ASL per la Certificazione DSA;
  • Conoscere le tappe dell’apprendimento della letto-scrittura, del calcolo e saper condurre con perizia il lavoro fonologico e meta fonologico;
  • Elaborare il Piano Didattico Personalizzato – PDP;
  • In classe deve accogliere realmente la “diversità”, studiarla, comunicare serenamente con il bambino e dimostrargli comprensione;
  • Spiegare alla classe il senso della didattica personalizzata e individualizzata e che è rivolta a tutti e non solo agli alunni DSA;
  • Utilizzare le risorse dei compagni di classe assegnando al bambino/ragazzo DSA un tutor.

SUCCESSO SCOLASTICO

Promuovere il Successo scolastico riduce la possibilità di comportamenti disadattivi. Esiste una strettissima relazione fra i comportamenti esternalizzanti e l’adattamento scolastico (Kosterman et al., 2001; Chung-Do, Goebert, Hamagani, et al., 2015; Wegner, Garcia-Santiago, Nishimura et al., 2010). Per favorire l’adattamento scolastico e l’adattamento nella vita sociale degli alunni bisognerebbe capire quali risorse debbano essere mobilitate. 

Ad esempio le strategie di coping, che utilizzano gli alunni con difficoltà di apprendimento per affrontare i problemi sono focalizzate sull’evitamento e sono accompagnate da emozionalità negativa. I bambini, fra i sei e i nove anni,  usano delle strategie di coping durante l’ingresso a scuola e per lo più sono la ristrutturazione cognitiva, l’autorassicurazione, la distrazione cognitiva e la  ricerca di supporto fuori dal contesto familiare

Il coping attivo e la ricerca di supporto come strategia vengono utilizzate, in particolar modo, da quei bambini che hanno delle buone abilità sociali, mentre quei bambini che hanno problemi di condotta tendono ad evitare i problemi e a mettere in atto dei comportamenti oppositivi. Le difficoltà scolastiche e il modo di affrontarle sono influenzate da come il bambino si percepisce e da come percepisce le difficoltà; se pensa di poterle affrontare con sforzo e impegno le strategie che metterà in atto saranno la persistenza, lo sforzo e il problem solving; se invece valuta le difficoltà come incontrollabili e quindi inevitabili si ritirerà e metterà in atto la distrazione cognitiva (Compas et al, 2001; Fiorilli, Buonomo e Geraci, 2015). 

Promuovere il Successo scolastico riduce la possibilità di comportamenti disadattivi. Esiste una strettissima relazione fra i comportamenti esternalizzanti e l’adattamento scolastico (Kosterman et al., 2001; Chung-Do, Goebert, Hamagani, et al., 2015; Wegner, Garcia-Santiago, Nishimura et al., 2010). Per favorire l’adattamento scolastico e l’adattamento nella vita sociale degli alunni bisognerebbe capire quali risorse debbano essere mobilitate. 

Ad esempio le strategie di coping, che utilizzano gli alunni con difficoltà di apprendimento per affrontare i problemi sono focalizzate sull’evitamento e sono accompagnate da emozionalità negativa. I bambini, fra i sei e i nove anni,  usano delle strategie di coping durante l’ingresso a scuola e per lo più sono la ristrutturazione cognitiva, l’autorassicurazione, la distrazione cognitiva e la  ricerca di supporto fuori dal contesto familiare

Il coping attivo e la ricerca di supporto come strategia vengono utilizzate, in particolar modo, da quei bambini che hanno delle buone abilità sociali, mentre quei bambini che hanno problemi di condotta tendono ad evitare i problemi e a mettere in atto dei comportamenti oppositivi. Le difficoltà scolastiche e il modo di affrontarle sono influenzate da come il bambino si percepisce e da come percepisce le difficoltà; se pensa di poterle affrontare con sforzo e impegno le strategie che metterà in atto saranno la persistenza, lo sforzo e il problem solving; se invece valuta le difficoltà come incontrollabili e quindi inevitabili si ritirerà e metterà in atto la distrazione cognitiva (Compas et al, 2001; Fiorilli, Buonomo e Geraci, 2015). 

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PROMUOVERE LA MOTIVAZIONE

Oltre alla promozione delle strategie di coping la scuola dovrebbe promuovere una adeguata percezione dell’ autoefficacia dei propri alunni puntando allo sviluppo di capacità finalizzate a una serie di azioni volte al raggiungimento di uno scopo fondamentali per la costruzione di un giudizio adeguato su loro stessi riferito a un ambito specifico. Un ruolo importante svolto dall’autoefficacia riguarda la motivazione, gli alunni si automotivano e dirigono le proprie azioni facendo delle previsioni, si fanno idee su ciò che sanno fare, si pongono delle mete, mobilitano le loro risorse e si impegnano in ciò che fanno. 

L’ autoefficacia influenza le attività che scelgono gli studenti, studenti con bassa autoefficacia evitano i compiti specialmente quelli impegnativi, mentre chi ha un’alta autoefficacia si impegna nell’apprendimento e persevera anche molto di più. Questo accade perché i giudizi di autoefficacia influenzano la scelta delle attività, lo sforzo che viene impiegato e il tempo dedicato. 

Concludendo, l’autoefficacia può anche influenzare l’ansia e gli stati depressivi, la percezione della propria capacità nel saper controllare gli eventi spiacevoli ha un ruolo importante nel controllare l’ansia (Bandura, 1991). Chi considera potenziali pericoli come difficili da affrontare, si sofferma sui pericoli e ciò limita la capacità di affrontarli amplificando la percezione dei pericoli stessi. Chi percepisce controllo sugli eventi non si angoscia sui potenziali pericoli ed è quindi meno propenso ad anticipare le minacce (Boca, Bocchiaro e Scaffidi Abbate, 2010).

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